Correva l’anno 2005 e Tobias Emil Jensen e il suo amico Tore Gynther, seduti nel loro vecchio collegio, parlavano con il loro insegnante di matematica e fisica Mikkel Borg Bjergs (Mikkeller) del fatto che molti birrifici danesi, stavano decantando la relativa anzianità (circa cento anni) della loro tradizione birraia, piuttosto che concentrarsi sulla qualità del prodotto. La discussione era improntata anche sullo stato (allora penoso) del fare e bere birra in Danimarca. Dopo numerosi dibattiti hanno convenuto che l’unico modo per far fronte a quella incresciosa ed imbarazzante situazione, era di preparare la birra loro stessi. Così hanno fatto e ben presto sono stati autorizzati a prendere in prestito la cucina della scuola nelle ore di chiusura e nei giorni festivi, tentando di invertire la tendenza della deriva danese in fatto di produzione di birra. Un lavoro molto duro ed estenuante ma la caccia alla qualità e al concetto di non scendere a compromessi ha avuto la meglio. Più tardi, nel 2006, il loro insegnante Mikkel fonda il birrificio Mikkeller e traduce in pratica quello che fino ad allora era stato solo un sogno. Cominciò a girovagare fra impianti produttivi altrui e diede vita ad una nuova formula produttiva, che ha ottenuto negli anni ampi riconoscimenti internazionali. Tobias e Tore continuarono a produrre a livello amatoriale, fino a quando, nel 2010, si resero conto che la loro birra To Øl (in danese due birre) era ormai pronta per i grandi numeri.
La notizia si diffuse rapidamente e il loro ex insegnante insistette per una fusione. Così nacque questa collaborazione e la loro prima birra: La To Øl / Mikkeller Overall Ipa. Da allora la To Øl ha continuato a preparare birre con la stessa mentalità con cui sono nate, utilizzando sempre le migliori materie prime senza mai scendere a compromessi, senza seguire la moda avendo sempre la mente aperta e pronta a nuove sperimentazioni. Nonostante la sua giovane età, questa brewery ha già riscosso una notevole popolarità e le sue esportazioni riguardano 30 paesi tra cui l’Italia. Nel Gennaio del 2013 la To Øl è stata inserita tra le top 50 birrerie al mondo.
Tobias in un’intervista dichiara: “noi siamo ciò che chiamano un birrificio zingaro, perché l’attrezzatura che utilizziamo non è di nostro possesso. Lo facciamo perché pensiamo che sia il miglior modo per garantire la massima qualità, per avere la possibilità di produrre continuamente varietà diverse e nello stesso tempo di reinventarci. Allo stesso modo abbiamo la possibilità di socializzare e di incontrare e parlare con persone di tutto il mondo. Siamo zingari e ne siamo orgogliosi”. To Øl produce fermentati potenti, ricchi di sapori e di carattere, birre che non si dimenticano e come ci spiega nuovamente Tobias, prima di cominciare la produzione si sono soffermati per decidere i principali concetti e comandamenti delle loro opere, che vengono riassunti in:
– Produzione di birre innovative utilizzando sempre le migliori materie prime, “non vogliamo sentir parlare di cento anni di storia di alcune birrerie, facciamo birre contemporanee e se ci capita di incappare in un esperimento che riteniamo obsoleto lo cestiniamo” dichiara Tobias.
– “Vogliamo stare lontano dai supermercati perché non vogliamo scendere a compromessi con la qualità degli ingredienti che utilizziamo”.
– “Il nostro obiettivo è quello di provocare, spingere al massimo i confini e la percezione della birra stessa. Non dobbiamo mai dimenticare che stiamo facendo birra e non la politica”.
– Non seguire la moda.
– “Pensiamo che ogni birra prodotta racconti una storia e porti un messaggio”.
La scelta fatta è chiara, netta, consapevole e con piena cognizione di causa. La scelta cioè, di fare la propria birra a casa di altri: essere “zingari”, ed esserlo orgogliosamente. Tutto ciò è il modo migliore (secondo loro) per garantire la massima qualità e la più ampia varietà produttiva; una modalità operativa che li “costringe” felicemente a reinventare se stessi e le proprie birre ogni qualvolta le vanno a fare a casa altrui (per ora negli stabilimenti di Brewdog, Fanø e soprattutto, De Proef). Un approccio “contemporaneo”, che fa storcere il naso a qualcuno (“birraio è solo chi la birra la fa in casa propria su impianti propri”) e che incontra, al contrario l’approvazione di altri (“birraio è chi la birra la sa fare, a prescindere dalla proprietà degli impianti”), una questione che non troverà mai una risposta definitiva. Due righe vanno spese anche per sottolineare il progetto grafico curato ed “alternativo”: alcune loro labels sono davvero innovative.
Descrizione tratta da cantinadellabirra.it